Il “Pnrr”: il vaccino economico che gli italiani devono ancora imparare a conoscere

di Livio Gigliuto, Vicepresidente Istituto Piepoli e Direttore Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale

Sin dall’inizio della pandemia, ormai più di due anni fa, l’opinione pubblica si è divisa tra due timori: quello legato all’impatto sulla salute del coronavirus e uno più sottile, inizialmente di proporzioni minori, nei confronti di una crisi economica facilmente prevedibile in conseguenza proprio alla pandemia.

Come una nave che cerca di evitare due scogli, l’Italia ha cercato di gestire la pandemia alternando momenti di contenimento, che hanno ovviamente impattato sulla situazione economica, e momenti di apertura, che hanno invece probabilmente concorso a fasi di aumento dei contagi.

Se nelle fasi iniziali della pandemia era in ogni caso la prima paura a dominare le menti degli italiani, già alla fine del 2020, ma ancor di più con l’arrivo e la diffusione dei vaccini, che hanno ridotto in maniera significativa la preoccupazione per le conseguenze del coronavirus, è la crisi economica a dominare le preoccupazioni degli italiani. Una percezione incrementata, naturalmente, dall’inizio del drammatico conflitto in Ucraina.

La crisi sanitaria ha dunque trovato, a distanza di meno di un anno, una soluzione decisiva. Anche alla crisi economica, però, la comunità internazionale ha trovato un rimedio: il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, un “vaccino economico” cui cittadini e imprese affidano le proprie speranze di uscire dalla crisi da “Covid-19” con un’economia stabile e forte.

Lo stesso arrivo del nuovo Governo, guidato da Mario Draghi, è stato accolto da molti osservatori come un tentativo di superare il conflitto che la politica stava vivendo nella gestione del Piano, attraverso l’indicazione di una alta figura di garanzia e di robusta credibilità europea, come il nuovo Premier.

La particolare attenzione rivolta dell’opinione pubblica nei confronti di questo specifico provvedimento lo rende qualcosa di diverso rispetto alla semplice gestione di un fondo proveniente dalla Comunità Europea.

Per spiegare questa differenza nella percezione degli italiani non basta fare riferimento alla dimensione degli investimenti del “Pnrr”. La centralità di questo tema è probabilmente anche conseguenza del bisogno degli italiani di trovare un nuovo punto di riferimento, un elemento che catalizzi, appunto al pari dei vaccini, le attenzioni positive della popolazione. Il “Pnrr” è visto come la possibilità di dare all’economia italiana una nuova visione, approfittando dell’occasione offerta da uno stravolgimento imprevisto come la pandemia.

Se però la campagna di informazione e comunicazione legata al vaccino è stata sicuramente poderosa ed efficace, lo stesso non possiamo ancora dire in relazione al Piano. Nel corso del mese di maggio, insieme alla Fondazione Italia digitale, abbiamo infatti svolto un’indagine presso un campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne, allo scopo di comprendere il livello di informazione e conoscenza legata alle opportunità offerte dal piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il quadro che emerso è in chiaroscuro: se da un lato due italiani su tre dichiarano di conoscere, anche solo per sentito dire, il piano, questa conoscenza sembra fermarsi a un livello molto superficiale. In questo momento, a dirsi adeguatamente informato su conseguenze, progetti, impatto del Piano sul futuro del nostro Paese è poco più di un italiano su tre.

Un giudizio ancora più netto ci arriva quando chiediamo agli italiani se si sentano di promuovere l’attuale campagna informativa sul “Pnrr”. Anche in questo caso solo un italiano su quattro si ritiene soddisfatto delle comunicazioni sinora ricevute. In più, sono proprio i più giovani a dichiararsi meno informati su un “Pnrr”che, essendo orientato a un futuro di medio e lungo termine, dovrebbe avere proprio loro come principali destinatari.

Ma quali devono essere allora le priorità nella dislocazione dei fondi provenienti dal “Pnrr” ?

In questo senso le priorità degli italiani sembrano conseguenti rispetto agli insegnamenti emersi da questo biennio: se in prima posizione restano iniziative finalizzate ad incrementare il tasso di occupazione, contrastando l’aumento della disoccupazione conseguente alla crisi pandemica, dall’altro lato è evidente come la sanità abbia scalato posizioni tra le necessità degli italiani, indicata da quasi 4 italiani su 10 come area prioritaria di intervento.

In terza posizione troviamo l’ambiente, altro tema centrale nel dibattito pubblico negli ultimi mesi e probabilmente anche per questo diventato rapidamente una delle tre priorità dei nostri concittadini quando orientano il loro sguardo all’Italia futura.

Allo stesso modo vediamo invece il calo di importanza di alcuni degli archetipi del decennio precedente, in particolare la sicurezza e l’immigrazione, priorità assolute fino a un paio d’anni fa e adesso relegate ai piedi del podio.

Le priorità del governo Draghi secondo gli italiani a Ottobre 2021

Fonte: Istituto Piepoli, “Tableau de Bord